giovedì 16 marzo 2017

Madagascar: il diario 5



I paradossi..
La realtà che ho visto in questi giorni, e' piena di paradossi, che ho riscontrato nelle persone che ho incontrato durante le visite in ospedale .

L'accettato: 
un ragazzo accettato in testa a seguito di una lite: 'rattoppato' alla ben e meglio, nel miglior ospedale del Madagascar. Ha continuato la sua normale attività lavorativa per una settimana per poi recarsi in urgenza nuovamente in quel l'ospedale e, viste le condizioni disastrose delle ferite ( non entrerò nei dettagli), è stato inviato urgentemente al nostro ospedale. Le 'cure' cui è stato sottoposto erano state tutte a pagamento e il paziente era della categoria 'benestanti'. Paradossalmente solo l'arrivo da noi, in una struttura di erogazione di cure e farmaci gratuita, poteva assicurare al paziente le cure minime necessarie : sebbene le risorse dell'ospedale, e le prestazioni di medici non specialisti (per esempio in questo caso chirurghi plastici che non c'erano) potevano sembrare a noi occidentali minimi e forse non sufficienti a scongiurare gravi complicazioni, erano comunque di altissimo livello rispetto a quelle dell'ospedale malgascio, e a quello cui il popolo può ambire. Ben sapendo, noi medici, che la scelta della cura doveva essere oculata in base anche alle nostre risorse di disponibilita' dei famaci, della possibilità che il paziente sopravviva, o della necessità, per contro, di preservare quelle risorse per un altro paziente con una aspettativa di vita maggiore.

Il morso dell'albero..
La puntura di uno scorpione, di una scolopendra, di un ragno o di un insetto, spesso viene passato dal paziente, come  il 'morso dell' albero'. Poiché raramente la persona che viene in ambulatorio indipendentemente dall'età, ha una conoscenza o una consapevolezza di possibili pericoli, o di circostanze di causa (la puntura di un insetto per esempio) e effetto ( il gonfiore nella sede del morso o le complicazioni legato a questo).

La 'non crisi ipertensiva':
Nel mondo occidentale si definisce una crisi ipertensiva quando valori della pressione arteriosa sono estremamente elevati, e fuori dai range di normalità, in un tempo quasi improvviso o comunque acuto e, auspicabilmente, di breve durata.
Qui ciò che si riscontra in visita invece, sono valori elevatissimi di pressione arteriosa, associati già a segni elettrocardiografici di ipertrofia ventricolare ( ingrossamento del cuore secondario al 'super lavoro') , che NON devono essere abbassati ne' rapidamente ne' troppo, per non alterare l'equilibrio di sopravvivenza che quella persona aveva attuato, e chissà da quanto tempo. Ovviamente senza lamentarsi mai di alcun sintomo ( cefalea, astenia etc..) 

La bambina con il braccio rotto:
Una bambina di circa tre anni ( qui per definire l'anno di nascita si scrive : vers, ossia circa): arrivata nel nostro ospedale e trattata in urgenza;  la bambina non ha mai pianto. Ne' si è mai lamentata. 

Probabilmente le persone qui hanno la stessa soglia e percezione del dolore rispetto a noi ( in modo comunque diverso da persona a persona , come succede per noi) : ma l'espressione del dolore o del disagio e'diversa ..(quasi mai esternata, oppure come nel caso del paziente accettato o della donna in travaglio o della colica renale, solo con un minimo movimento del piede o della mano o con una piccola smorfia del viso).

E ci sarebbero tanti altri casi da descrivere.

Prima di partire, già in città e con le valigie pronte e in attesa della macchina per l'aeroporto, mi è stato chiesto di visitare una signora.
Per un problema ginecologico, la stessa si era già rivolta all'ospedale malgascio e aveva già fatto almeno cinque accertamenti ecografici. Riassumerò l'accaduto dicendo che questa donna , considerata tra le 'benestanti e acculturate' (sapeva parlare infatti francese) desiderava che io la visitassi per impostare una terapia che avrebbe recuperato, quando possibile e cioè tra un mese, al nostro ospedale, in attesa anche dell'intervento che avrebbe fatto nella stessa occasione. Questo pur sapendo che le nostre risorse sono minime e che gli specialisti ( in questo caso il ginecologo) vengono a turni, dovendo perciò aspettare il momento in cui sarebbero stato presenti.
Le aspettative riposte da lei nella mia 'semplice'  visita e nel mio consiglio, assolutamente non supportate da una terapia da poterle consegnare, erano fortissime,  rispetto alla realtà per cui lei comunque, non avrebbe avuto i soldi per continuare ne' le medicine già iniziate ne' per affrontare l'intervento nell'ospedale malgascio ( ne' la certezza del buon esito).


I paradossi che io ho visto sono due:
Da un lato situazioni di malattie o di scompensi o di aberrazioni 'della normalità ' dello stato di salute, con cui le persone convivono senza avere la possibilità di curarsi.
Dall'altro la mancanza di percezione di questi disturbi con i quali le persone convivono da sempre . E soprattutto la mancanza di percezione o di intuizione che minimi accorgimenti ( come quello di evitare di mettere la gamba con una fiera aperta sotto la sabbia, o di far giocare i bimbi nella sporcizia più assoluta) possano aiutare molto ad evitare epidemie di ogni tipo.

Mi chiedo qual'e' il confine tra la mancanza di cultura di una popolazione,  e l''incoscienza'  nel senso di non percezione, non attenzione e quindi mancanza di evoluzione .

So bene che la storia ci insegna che dove c'è povertà c'è malattia , ma la mia esperienza di aver toccato con mano anche la mentalità di questo popolo, mi fa riflettere appunto su quanto, la mancanza di cultura si associ, inevitabilmente o meno, anche alla mancanza di un semplice atto di protezione o di prevenzione. Che dai più verrebbe interpretato come intuitivo, e non per forza insegnato .

Questa esperienza mi ha inoltre, fortissimamente ( e spero per me, visceralmente) ricordato, di quanto tempo si spreca, nella nostra quotidianità di occidentali ( almeno della nostra terra, e della nostra realtà) a fissarsi su un pensiero paranoico, su un sintomo 'inutile' ( un espressione cutanea come può essere la vampata di calore, o la sudorazione, o episodi di  colite) o, soprattutto su pensieri ossessivi che riguardano una percezione del nostro fisico  etc. Che magari ci portano a vivere quotidianamente, limitandoci, privandoci della libertà del fare e del sentire, e avendo paura. Di tutto... Anche di ingrassare (!!!!)
E mi ha ricordato anche quante volte in ospedale o in visita, noi medici dobbiamo affrontare situazioni di pazienti con assoluta mancanza di attenzione per se stessi e di interesse a impegnarsi a guarire. Che delegano invece questo atto al farmaco ( che per lo più sara' dato dal medico o preso autonomamente dal paziente, in eccesso e forse con superficialità) o esclusivamente al medico.
Come se niente fosse prezioso o avesse importanza ( al contrario di quello che io ogni giorno ho visto qui).

.. Stremati da un viaggio in fuoristrada per dune scoscese e 35 gradi, e 'strade' fatte da solchi profondi e praticabili solo da alcuni, passando altri tratti invece che sembravano guadi di un fiume (ma che erano solo 'strade' allagate), quasi in prossimità della meta, nel viaggio in direzione dell'ospedale, è capitato qualcosa di illuminante. Gli autisti che conducevano la macchina, una volta fermati, aperto il cofano, e fatto 'esplodere' il tappo del radiatore che si era surriscaldato, sono scoppiati a ridere (aspetto comune che ho riscontrato in quasi tutti i malgasci conosciuti lungo il mio cammino). Di fronte alla nostra iniziale preoccupazione, hanno continuato imperterriti a rilassarsi e, semplicemente, ad aspettare, che il motore si raffreddasse e ripartisse.

La morale probabilmente e' che, se qualcosa non dipende da te, la scelta che puoi fare è stressarti e preoccuparti o aver paura ( non cambiando comunque la situazione), oppure prenderla con leggerezza e fiducia, ed aspettare (magari dando spazio a nuove sensazioni o a confronti con persone che altrimenti ti precluderesti ).


Madagascar: il diario 4



Il sorriso...

Quello che accomuna le giornate,  in questa esperienza umana e lavorativa, e' il sorriso.

Dei bambini che ti rincorrono, in modo allegro e per nulla invasivo mentre cammini attraverso il villaggio, avvolgendoti nella loro allegria inevitabilmente contagiosa, fatta anche di gridolini o di urla giocose risultato del semplice passaggio del medico wasa. O del fatto che tu, inconsapevolmente, hai fatto qualcosa di assolutamente ridicolo ai loro occhi (come per esempio correre sotto lo scroscio improvviso di pioggia, invece di fermarti ed assaporarla sul tuo viso).

Dei ragazzi che in ambulatorio sono i nostri traduttori (dall'italiano o dal francese al malgascio): quando di fronte a una nostra mancanza di comprensione di un sintomo riportato dal paziente o di una mal interpretazione dello stesso, sfoderano risate o sorrisi che nulla hanno a che fare con una presa in giro o con un denigramento, ma solo con una spontanea espressione di incredulità e stupore. Che porta appunto a sorridere con te, e non di te.

Degli anziani che per tutta la durata della visita, nella loro silenziosa sofferenza, rispettosamente ti guardano e ti ascoltano, pur non capendo ancora le tue parole, per poi comprendere ( con l'aiuto del traduttore) la tua spiegazione del loro problema e la cura che gli fornisci. In quel momento, salutandoti e forse con un inchino, ti sorridono anche con la gratitudine del cuore.

Dei pazienti  e dei traduttori che mentre tu cerchi di capire qual'e' il problema, alla semplice domanda: "quante volte? oppure si o no? oppure dove?", impiegano circa mezz'ora ad esprimere il concetto . E nel momento in cui, inevitabilmente gli si rifà la domanda, scoppiano a ridere tra di loro perché, nella loro discussione, convergevano anche discorsi , chiacchiere e pettegolezzi del villaggio (inspiegabilmente inseriti nel contesto di quella domanda così diretta fatta inizialmente ..)

E delle persone che incontri per la strada: di qualsiasi età, uomini o donne, pazienti appena dimessi, o lavoratori del villaggio, e soprattutto bambini. 

Da questi il sorriso, che parte prima dai loro occhi, e poi dalla loro bocca, ti scalda e dissolve all'istante, i tuoi pensieri.

Anche questo porterò a casa. E di questo sicuramente, non mi dimenticherò mai.

Madagascar: il diario 3



Sull'amore..

Ovunque l'amore ha mille facce.
Quella dell'attenzione, quella del rispetto, quella della cura per un altra persona.

Qui esiste un 'amore libero' di chi, non ancora sposato ha molte donne, correndo però il rischio  di agguerrite espressioni di gelosia da parte di una o dall'altra.

C'è l'amore per il proprio caro, nel momento in cui ha bisogno di cure o quando, in vicinanza del trapasso per malattia, il desiderio è quello di accompagnarlo alla morte tenendolo a casa, assieme a tutte le persone amate.

E poi c'è la cura e l'attenzione per i propri figli: è l'amore puro . In cui vengono coinvolti non solo i genitori, ma anche i fratelli o le sorelle ( che spesso sono in molti, con una media di quattro- cinque figli) o i parenti , che prestano la loro cura nell' accudimento  del bambino, o nel portarlo dal medico ' wasa'.'

O forse l'amore è l'espressione di rispetto, nell'inchinarsi, togliendosi il capello nel
momento in cui si incontra un medico 'wasa', nel togliersi le scarpe entrando in ambulatorio, o ringraziandoti anche se 'aggiusti' la frattura del braccio di suo figlio di tre anni, con i mezzi che hai a disposizione .

Oppure l'amore è occuparsi del paziente che ️hai davanti, qualsiasi sia la sua età, con la cura e la premura come se lo stessi facendo in quel momento per tuo figlio o per un tuo caro. Non accorgendoti del colore della sua pelle. 

Nello stesso modo in cui, passeggiando per il loro villaggio, sei accolta e 'abbracciata' dal loro saluto e dal loro sorriso. Non accorgendoti ancora una volta che hanno  un colore di pelle diverso dalla tua.
Forse, riuscendo così a far tesoro di questa sensazione e di questa percezione, per quando rientrerai nella tua città, prima di seguire scontatamente il sentire della massa che diventa giudizio aprioristico, e molte volte guidato da qualcuno che niente ha a che fare ( e mai ha avuto a che fare) con questa umanità e questa verità, e che pensa di dettarti le regole di ciò che è giusto o sbagliato. O almeno fa di tutto per indurti a odiare, disprezzare o denigrare, la stessa persona che qua, vedi con occhi diversi.

Forse con gli occhi dell'amore per la vita.

Forse anche questa è una forma di amore .

Madagascar: il diario 2



... Ci sono molte cose che non vanno bene.
Nell'alloggio dove stiamo, e del quale dobbiamo occuparci noi completamente 'nel tempo libero'  per la pulizia e l'aspetto alberghiero, tornando stanchi morti dell'ambulatorio o nella pausa 'bicchiere di acqua' , c'è totale mancanza di igiene. 

O ce ne occupiamo noi appunto, cercando però di far fronte anche alle indigenze lasciate dai nostri predecessori che noi abbiamo sostituito, o tutto si accumula.

Per fortuna ci sono le zanzariere che ci proteggono da ogni forma di insetti, blatte, zanzare, pipistrelli.

E l'igiene di ogni stoviglia o presidio che viene utilizzato per il nostro vitto, non è certa. O meglio , si pensa che sia in minima parte sicura ( perché sappiamo che l'acqua che beviamo proviene da un pozzo periodicamente controllato, almeno grossolanamente), per poi scoprire che la verdura che si mangia e' stata prima lavata con IL SAPONE per i piatti, per ' sterilizzarla' seguendo il consiglio di qualche fantasioso collega che ci ha preceduto.

E la permanenza e il giro in ambulatorio e reparto, non è da meno per difetto di igiene. Anzi, molto peggio.

Il personale dell'ospedale non usa i guanti passando da un paziente all'altro, né le mascherine (né le fa usare al paziente che ha davanti, con conclamata Tubercolosi), nè si cambia durante la pausa della mattina dove , dall'ospedale ci si sposta nella corte di alloggio e vitto di tutto il personale. Ne' c'è qualcuno, prima del mio arrivo, che si sia mai preoccupato di pulire i ripiani ( dai ragni, le loro uova, gli escrementi di pipistrelli) dove sono sistemati i farmaci, nè gli strumenti preziosi come gli ecografi, nè i tavoli su cui noi medici scriviamo le cartelle, forniamo i farmaci ai pazienti, e con loro condividiamo lo spazio. Anche con quelli che vengono con diagnosi di scabbia attiva, o di altri parassitosi contagiose cutanee.
Dimenticandosi che nelle settimane precedente al mio arrivo e nella prima della mia permanenza, quasi ogni membro dell'equipe medica o infermieristica e' stato colpito da Giardia, Ameba, e malaria.

Come se , il nostro livello ' culturale e di intelligenza' rispetto a quello degli autoctoni , non dovesse essere usato per progredire. Come se dovessimo noi adattarci a quei fattori ( in primis l'igiene e la sicurezza personale) che fanno la differenza nelle società 'evolute' dal punto di vista sanitario.

Per poi sentirsi riprendere, dal 'gestore ' del luogo, 'ministro della sanità di turno' che nulla ha a che fare con la medicina e con il sentore di quello che noi si fa o non si fa in ambulatorio, perché, dopo una guardia in cui non si è chiuso occhio, e, tra le altre cose, si è interagito con persone ( pazienti) che non parlano nessuna delle lingue che parli tu e che nemmeno capiscono i gesti, ti sei presentato la mattina successiva a far colazione alle 6.15 invece che alle 6.

Come se, l'animo umano fosse comunque portato a travisare le priorità, i valori, e i ruoli, non solo e tanto dal punto di vista gerarchico, quanto di impegno e di fatica profusa. 

Ma tutto questo non mi basta. 

Per non accorgermi di quello che vivo ogni minuto, per non percepire il sentore di 'qualcosa' che va al di la della forma, della parola, e dell'abito. E che molto ha a che fare invece, con la vita. E con la morte.
Ma non come la intendiamo noi, come cioè uno spauracchio che ci illudiamo di rifuggire  per tutta la durata della nostra esistenza, probabilmente sbagliando. Ma cercando invece di vivere ogni giorno, come fosse l'ultimo ( o il primo); e, invece che egocentricamente, anche nell'attenzione verso chiunque ci sia accanto in quel momento. Temendo (da noi) quello che sarà l'ultimo giorno, e pensandolo con paura. Paura verso l'ignoto, verso la fine di tutto. Correndo il rischio così di rimpiangere tutto il tempo sprecato, mentre abbiamo 'vissuto', temendo,  invece che rispettandolo, questo momento. Rispettando così la vita.
Come fanno qui.

La povertà e' una realtà che probabilmente livella gli esseri umani: perché non permette che si diffonda la cultura, e quindi il confronto, e la conoscenza di proprie resilienze e capacità più o meno nascoste, precludendo la possibilità di evolvere. ️Ma è anche un 'livellamento' probabilmente che ha una sfumatura positiva ( rispetto al nostro vivere). Perché non ti induce ad ambire e in particolare ambire a risultati troppo lontani dalla tua possibilità, di adeguarti a 'forme e comportamenti' che non farebbero parte della tua indole ma che la società ti richiede; e che quindi non ti porta a invidiare. Ad essere triste perché non hai questo o quello o perché lui ce l'ha e tu no. 

La povertà ti da la possibilità, in questo 'livellamento umano' di vivere insieme, arrabbiandoti, scontrandoti, dicendo la tua, ma non in modo ipocrita, ma sincero. Per poi ritrovarti con il tuo vicino quando il tuo caro ha bisogno di aiuto, quando c'è la capanna da costruire, o l'alluvione che ti ha allagato il campo. O per ritrovarti alla sera, all'ora del tramonto, a preparare la cena con quello che hai. Che la natura ti ha fornito. E che probabilmente sarà molto sbilanciato dal punto di vista nutrizionale, ma ti permette di dar da mangiare ai tuoi cari  e ai tuoi innumerevoli figli. Che mentre cucini, sono a giocare a pallone, con un bastone e il copertone di una gomma, o con dei pezzi di legno che rappresentano qualsiasi cosa la tua fantasia riesca ad immaginare. Felici e con dei sorrisi, che chi, come noi, vive nella società esattamente opposta a questa, 'ricca, acculturata ed evoluta' , si dimentica di fare. Anche per una sola volta al giorno .

In questa realtà non hai il tempo per lamentarti, nè per manifestare un dolore (anche se è quello di un travaglio in atto, di una colica renale, o di una pugnalata). Perché comunque devi andare avanti (figurarsi se sai cos'è il disagio che ti auto crei se sei in epoca di menopausa e hai vampate di calore, che per la società diversa da questa, ti condiziona a tal punto, da viverle come qualcosa di 'sporco, sbagliato o frustrante' , in un meccanismo vizioso negativo infinito). Solo i bambini molto piccoli 'si permettono' di piangere quando ti vedono: il medico wasa (bianco) che li visita fa paura, e non sempre basta la tua carezza, il tono dolce della tua voce, o la cura della mamma che li culla a calmarli.

Questa è il significato probabilmente di questa povertà, di chi non ha mai provato altro, se non questo. E che ha come scopo, nella vita, alzarsi, procurarsi il cibo, VIVERE, anche divertendosi, CANTANDO e BALLANDO con gli altri. 
E lavorare con l'unico scopo di procurarsi i denari per fare una tomba decorosa. Nel rispetto degli spiriti che si occuperanno dei suoi successori.

Madagascar: il diario 1

ciao..

Qui è tutto un esperienza pazzesca, sia per gli strumenti che abbiamo a disposizione che dal punto di vista umano che di fine terapeutico: si deve decidere se iniziare una terapia, anche se importante, in base alla possibilità che il paziente torni, altrimenti va sprecata !

Di esami strumentali abbiamo solo un emocromo e vetrino per goccia spessa (per diagnosi di malaria), e parassiti su feci e urine. Avevamo un Rx che si è rotto prima che io arrivassi. C'è un ecografo...

I ragazzi che lavorano qui molto esperti anche se neolaureati sono davvero molto bravi ( più di tanti colleghi, che ho incontrato lungo il mio cammino). Ps le prime due ore in ospedale ️ero affiancata a un medico esperto , dalle successive sono stata chiamata da tutti per consulenze ..😁

Dal punto di vista medico vedo cose che in tanti anni di reparto in medicina non avevo mai visto: 
come la probabile cardiomiopatia dilatativa di una signora di quarant'anni che aveva uno scompenso di cuore completo  (ma che ho dimesso ben compensata), o il pseudo croup di un bambino di un anno (laringo spasmo che può portare a morte se non trattato in breve tempo) che probabilmente ha anche una malacia, o sintomatologie varie di bambini, stranissime che poi si scopre essere su base parassitaria ( giardia, ameba, ascaridi, bilharzosi).

E il parto...

Pazzesco: ero di prima guardia di notte con una infermiera che è scesa con me da Trieste a che lavora in stroke unit. È arrivata la sigora che lamentava.. MARARI. Che vuol dire dolore. Considera che di notte non abbiamo un traduttore. Ho visto che era incinta e ho capito che il dolore era da contrazioni. Calcola che qui hanno una sopportazione del dolore pazzesca, la donna era praticamente in travaglio e il  massimo che ha fatto è stringermi un pò il braccio con cui la tenevo in piedi, e storcere un pò il naso dal dolore.
....la prima cosa che ho fatto è valutare contratture dell'addome e misurare i parametri, e visitarla esternamente: aveva perdite di sangue, l'addome era molto teso, la pressione 170/100. 
Il mio primo timore (oltre al fatto che intuivo che stava per partorire anche se poi abbiamo capito che non era proprio di nove mesi) era che fosse in gestosi..( situazione molto problematica per mamma e feto) 
...La seconda cosa che ho fatto è portarla in ecografia e metterle una sonda sulla pancia per capire se c'era il battito del feto .. E c'era, di un cuoricino molto basso vicino alla pelvi... Perciò si confermava il travaglio in atto (ovviamente non c'era dato di sapere se avesse rotto le acque..)
..La terza cosa che ho fatto ( pur non sapendo di preciso cosa avrei trovato), è fare un esplorazione vaginale.. E ho sentito inequivocabilmente la testa del feto ...

Tutto questo ad istinto... Mai visto nè studiato nulla...
A quel punto ho svegliato i colleghi e un infermiera che aveva esperienza con i parti anche perché temevo ci fossero complicazioni:
loro erano un po più 'svezzati' ma anche loro ( i colleghi) alla prima volta... L'abbiamo distesa e fatta spingere .. È uscita la testolina ma la mamma si era fermata ... Tutti guardavano e io ( sono molto orgogliosa di questo) l'ho fatta contrarre e spingere perché temevo soffrisse il feto...abbiamo controllato che non ci fosse il cordone attorno al collo .. Ed è uscito......
Abbiamo subito aspirato del meconio (avevo preparato l'aspiratore) , ho tagliato il cordone, ho visitato il bambino che nel frattempo aveva già pianto e aperto gli occhioni: all'inizio ventilava solo un polmone poi dopo un altra aspirazione, anche il secondo... Il bambino era posto (anche se ho continuato a monitorare la ventilazione, la saturazione e la temperatura oltre che il cuoricino .)
Subito dopo la mamma: mi ricordavo che ci fosse una placenta da espellere .. Ma lei era stanca.

L'ho stimolata molto ( suono della voce e gesti... perché continuavamo a parlare due lingue diverse)  e preparato l'ossitocina se non la espelleva...poi l'ho fatta mettere in piedi ( qualche minuto anche prima del parto)... Massaggiato la pancia ed è uscita.. Non tanto sangue e abbiamo controllato che fosse intera... Poi monitorata ... Tutto bene.... E tutto ad istinto 

I ragazzi mi  hanno suggerito la necessità di iniziare terapia antibiotica sia per la mamma che per la bimba perchè c'era il meconio ( da una precedente esperienza raccontata). E così abbiamo fatto.
Fantastico. . E poi lei mi ha detto Merci..

La bambina si chiama Arlina.

Le abbiamo già dimesse ieri..

.. è difficile descrivere questa esperienza.. Una delle più faticose della mia vita ( e sai che io non sono un agnellino).. Appena oggi non ho preso sali perché mi sentivo svenire ( ogni giorno era così, più volte al giorno) .. Appena questa notte ho riposato per i 35 gradi.. E poi ci sono gli odori e la sporcizia tremenda . Che tutto insieme ti obnubila il cervello.... Ma riesci a ragionare lo stesso, usando risorse che neanche  sapevi di avere .....
Ti confesso che scrivendo mi emoziono perché rivivo tutto ...  

E poi ci sono un sacco di rischi che ti dirò quando rientro .. molti di noi si sono già ammalati di tutto, meningite da malaria compresa.

️Ma è un esperienza che augurerei a tutti di fare: ti ricorda di non dare per scontato nulla, ti ricorda che hai delle risorse da cui attingere per trovare la soluzione più efficace e più pratica, ti ricorda.. L'umanità dell'essere umano, per cui ti assicuro,  che la persona che visiti non ha alcun colore. E ti fa dimenticare tutti i tuoi pensieri o problemi: vengono spazzati via di fronte alla sopportazione di questa gente a tutto, alla loro filosofia di vita ( non hanno niente e quindi non hanno bisogno di niente), ma soprattutto davanti all'energia trasmessa dal sorriso dei bambini. 

Bellissimo

Viaggio in un mondo sconosciuto come medico volontario: il Madagascar

cari lettori...

quelle che seguiranno, saranno pagine di un diario che ho tenuto durante la mia recentissima esperienza come medico volontario in Madagascar.

Ho deciso di pubblicarle, nella speranza di "contagiare" il maggior numero possibile di coloro che le vorranno leggere, con la bellezza del cuore, oltre che degli occhi, che questa esperienza mi ha lasciato. E con le emozioni vissute, e "catturate" in quelle pagine. Con l'intento di non dimenticarle mai.

Segnalo fin da ora che alcuni dettagli potranno essere forti o molto tecnici, ma non ho voluto cambiarli per mantenere la forza emotiva che ho avuto nel scriverli.
Sono rispettati tutti i diritti di Privacy e di anonimato.

Vi ringrazio sin da ora se avrete voglia di usare il vostro tempo per leggere queste pagine, e se vorrete condividerle con chi desiderate. 

Sempre con l'intento di...ricordarci. Che la nostra quotidianità non deve essere una quotidianità fatta solo di esternazione di problemi, di centratura su problematiche solo apparentemente insuperabili e , soprattutto, di indifferenza o, peggio, di odio o "ribrezzo" verso altre creature di colore o pensiero diverso dal nostro.

Grazie

Monica Bossi