martedì 26 gennaio 2016

l'infiammazione (anche su base "alimentare") all'origine delle malattie?

Ormai anche i "non addetti ai lavori" hanno sentito, per una via o per un altra, che l'infiammazione rappresenta un fattore scatenante, promuovente e favorente l'insorgenza delle malattie. Di tutte le malattie, che riguardano:
- il sistema nervoso: sia della sfera cognitiva (demenza, alterazioni del comportamento),  sia di quella nervoso motoria su base autoimmunitaria ( sclerosi multipla per esempio)
-quello osteoarticolare: con precoci fenomeni di osteoporosi, o di situazioni invalidanti e dolorose associate alla presenza di fatti artrosici o artritici
-quello cellulare in generale, come accade nell'origine della malattia tumorale
-quello legato alle mucose in generale: affezioni recidivanti delle vie respiratorie, delle vie intestinali, o di quelli urinarie
-il sistema metabolico: ossia quel complesso sistema costituito da ormoni, e proteine e enzimi prodotti da diversi distretti del nostro organismo, capace di indurre, quando in "tilt", situazioni di obesità e/o malnutrizione, diabete mellito, ipercolesterolemia e situazioni conseguenti legati al distretto cardiovascolare per esempio (ipertensione, angina e infarto miocardico, ictus etc).

Per fare chiarezza però è importante ricordare che per infiammazione, non si intende quella acuta che rappresenta, come quasi tutte le espressioni reattive e temporanee del nostro organismo, una risposta efficace e per lo più benefica, insorta per difenderci (come quando ci facciamo una ferita e il sistema immunitario viene attivato per permettere una cicatrizzazione e quindi una guarigione). Con questo termine si definisce invece una situazione subdola, cronica, fuori controllo e ormai "afinalistica"  che ha perso cioè il potere protettivo ma, anzi, produce danno. Riguardando principalmente il sistema o l'organo per cui quell'organismo è maggiormente predisposto.
Questo concetto sta così alla base dell'interpretazione dell'origine delle malattie o, se siamo "più fortunati" dell'invecchiamento precoce, e viene studiato attualmente in quasi tutti i campi della medicina. Soprattutto nelle moderna "scienza della alimentazione" o Nutraceutica.
In questo nuovo campo scientifico si intende cioè esplorare e studiare, le capacità proprie di un determinato alimento, di favorire il processo infiammatorio o addirittura di sfavorirlo e prevenirlo.

E' possibile cioè che il cibo, quello che noi mangiamo quotidianamente, abbia il potere di farci ammalare o di porre un contributo efficace alla guarigione?

E' proprio così!
Questo è dovuto principalmente al fatto che il cibo che mangiamo ora, NON È, il cibo che noi si mangiava un tempo: troppo sofisticato, troppo "perfetto" visivamente e per la sua necessità di durata.

E questo corrisponde:

1.al fatto che noi, assieme al nutrimento originale, assumiamo altre sostanze che non "ci servono": additivi, edulcoranti, sofisticatori del colore e del sapore nell'eventualità più "aggressiva", oppure altre sostanze che possono mimare nutrienti o micronutrienti stessi, ma che magari nulla hanno a che fare con il cibo che in quel momento stiamo mettendo in bocca (per esempio il glucosio usato per amalgamare alcuni tipi di carne, oppure la gelatina animale per addensare alcuni latti o formaggi, oppure il glutine aggiunto a una farina o a un prodotto che ne deriva), con lo stesso scopo di rendere più "attraente" il cibo che stiamo per scegliere!
2. la maggior parte delle volte, con il cibo che scegliamo, non assumiamo anche le sostanze benefiche di cui quell'alimento in origine era apportatore, perchè perse nei processi di sofisticazione e raffinazione.

Il risultato è potenzialmente proprio triste: spesso una MALNUTRIZIONE  più o meno selettiva (paradossalmente anche in situazioni di sovrappeso o di obesità, o comunque in malattie da situazioni carenziali vitaminiche o proteiche) e, appunto , uno stato di infiammazione subdolo e cronico.
Che nelle prime fasi può darci sintomi come alterazione della capacità di concentrazione, o della lucidità mentale o dell'umore; oppure situazioni di disagio o difficoltà digestive, oppure situazioni dolorose, come a carico delle articolazioni, o della sfera emicranica, oppure portare all'insorgenza di situazione allergiche o di difetto del sistema immunitario (infezioni ricorrenti etc).

...e allora come si fà a non sentirsi persi alla deriva, o scoraggiarsi o estremizzare un approccio alimentare che può risultare comunque sbagliato ? (perchè troppo selettivo per quella persona, come nel caso di una, per altro del tutto comprensibile, scelta di alimentazione vegetariana non accompagnata però, ad una adeguata cultura delle fonti proteiche e chi si associ invece, a un eccessivo ed esclusivo introito di derivati del latte, con conseguente disturbi del metabolismo osseo, tiroideo o intestinale)?

La soluzione per fortuna esiste: può essere un pò complicata (perchè complessa) per chi l'ha studiata e continua a studiarla (per l'infinita fonte di spunti e di ricerca sugli alimenti e sulle loro caratteristiche), ma di fatto, risulta facile e facilmente applicabile alla quotidianità.

Già le culture e tradizioni antiche, contrariamente alla nostra occidentale, forse più attente e rispettose dei prodotti della terra e dei loro effetti sul nostro organismo, ci insegnavano in modo del tutto empirico, l'importanza qualitativa di un alimento, il momento giusto della giornata per mangiarlo, le combinazioni più idonee di questo con un altro (per esempio nella tradizione della medicina cinese o di quella ayurvedica).
Ora, e ormai da una ventina d'anni, l'esplorazione e la ricerca scientifica, ci spiega come questo possa accadere: individuando proprio quelle "molecole di infiammazione" che derivano da una alimentazione sbagliata. Che, guarda caso, non corrisponde solo al ben noto "cibo spazzatura" usato come dieta quotidiana o comunque frequente, ma anche a cibi INSOSPETTABILMENTE, e subdolamente dannosi.
Questo riguarda per esempio alcune farine alimentari, ma riguarda anche la modalità con cui ognuno di noi si alimenta: ossia nel rispetto o a discapito dei fisiologici cicli ormonali e metabolici che caratterizzano ciascuno di noi. Questi infatti, anche a prescindere dalle caratteristiche assolute di quell'alimento, permettono di favorire lo stato  di salute  oppure quello infiammatorio, a carico di qualsiasi organo o sistema dei sopra menzionati.

Fattori quindi come:

  • scelta qualitativa e diversificazione degli alimenti (rispetto per esempio a una possibile "intolleranza alimentare", o a una sensibilità dipendente dalla salute del sistema intestinale, a più alimenti, piuttosto che a uno solo)
  • rispetto degli orari fisiologici del nostro organismo (sia di appannaggio della funzione digestiva del fegato per esempio, o di quella di equilibrio dei sistemi "acido_base", che garantiscono la nostra salute, a partire dalla salute delle nostre cellule)
  • conoscenza delle combinazioni alimentari più idonee: quelle cioè che favoriscono non solo la digestione, senza appesantire organi nobili per la salute in generale oltre che per il metabolismo, come il fegato e l'intestino, ma anche l'effetto non infiammante del cibo stesso. Con questo si intende principalmente la capacità di un pasto di indurre un picco dei valori di zucchero nel sangue, ossia della glicemia, con conseguente innesco di situazioni che allontanano dall' equilibrio salute (Indice e carico glicemico degli alimenti). Questo fattore si è visto essere responsabile non solo del ben noto diabete, ma di condizioni più subdole come quelle a carico del metabolismo (sindrome metabolica con obesità, ipertensione arteriosa etc), fino a quelle meno evidenti quali alterazioni della capacità di concentrazione, di umore o di comportamento (anche nei bambini).
Nei prossimi post qualche esempio


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