I sentimenti, gli stati d'animo, e le emozioni influenzano la nostra quotidianità di reazione, il nostro comportamento e quindi la nostra salute psico fisica.
Solo da un ventennio a questa parte, accanto alle ben note funzioni cerebrali (come come quelle preposte al movimento,
all'elaborazione di un impulso olfattivo, visivo, tattile, o al linguaggio) si è posta sempre più attenzione e ricerca su quella parte del nostro cervello ben più complessa che è il cervello emozionale (chiamato anche cervello limbico) sede di arrivo e di elaborazione delle emozioni. Queste,
secondo alcuni neurofisiologi moderni, hanno origine ad un livello della Mente ben più profondo dei
sentimenti consci (quelli di cui siamo consapevoli), e sono il risultato di sofisticati
sistemi neurali comparsi nel corso dell'evoluzione con un obiettivo ben preciso:
garantire la sopravvivenza dell'individuo. Le emozioni nella loro accezione di
reazione immediata o di frutto di memoria esperenziale, insorgono principalmente in
quell'area del sistema limbico (noto anche come sistema emotivo o Cuore del
cervello), preposta al successivo “smistamento” di stimoli neuronali in direzione
della corteccia (a livello cosciente) o ipotalamico (così detto cervello primitivo o
istintivo). E' chiaro che la fluidità di questo processo biologico e neuronale innescato
dalle emozioni è alla base dell'evoluzione intesa come adattamento all'ambiente che
ci circonda, ma anche dell'equilibrio del sistema mentale. L'intoppo dato da una
emozione non vissuta o non espressa, o il sovraccarico secondario ad uno stato
eccessivo o alterato emozionale, porta inevitabilmente ad una specie di cortocircuito
informazionale di questo processo così perfetto. E' il caso ad esempio dell'emozione
paura: questa nasce come uno dei più importanti meccanismi di difesa
dell'organismo; in risposta ad essa infatti (per “accensione” dell’amigdala), a livello
cerebrale ed in particolare ipotalamico, vengono liberate sostanze di carattere
ormonale in grado di indurre una risposta ghiandolare specifica (a carico dei surreni,
organi liberatori dell'ormone salvavita per eccellenza ossia il cortisolo) e periferica
corporea (incremento della frequenza cardiaca, vasodilatazione per favorire l'afflusso
del sangue ai muscoli periferici etc) finalizzata al combattimento o alla fuga per la sopravvivenza.
Immaginiamoci quali possono essere i risvolti legati alla persistenza di quotidiane
paure (di fatto inutili al concetto di sopravvivenza): paura di non farcela in un
compito, paura di risultare inferiore o non adeguato in una certa situazione, paura di
rimanere soli, paura di perdere il lavoro o di non trovarlo, paura di ingrassare, paura
di non piacere...Quello che si crea è una sorta di abitudine emotiva che, a discapito
di una originaria funzione di evitamento dei pericoli imprevisti o in parte prevedibili,
porta ad una automaticità di reazione ansiosa, spesso auto mantenuta proprio dal
nostro efficentissimo sistema di condizionamento alla paura (anche per persistente
attivazione dell' ormone cortisolo), sommato alla potentissima capacità di pensare
alle nostre paure e all'incapacità di controllarle. In questo meccanismo attivato, ogni
stimolo ansioso aggiuntivo può essere causa del mantenimento di questo
corto circuito tra istinto e tentativo di controllo (che può sfociare anche, in altre
condizioni, negli attacchi di panico).
Studi recenti dimostrano che esiste un linguaggio comune tra le emozioni e il nostro organismo, inteso come insieme dei sistemi ormonali (tiroide, surrenalico, sessuale etc), neuro-psicologici, e immunitari (PNEI). E le "parole " di tale linguaggio sono molecole che comportandosi talora da componenti biochimiche, o ormonali o tal altra neurotrasmettitoriali (ovvero di impulsi nervosi) , trasportano una informazione che può essere fisiologica (e allora vi è stato di salute) oppure alterata (e allora diventa squilibrio o malattia).
Questo spiegherebbe il ritrovamento di particolari proteine nel sangue, corrispondenti a specifici stati emozionali, di persone affette da malattie cosiddette autoimmuni (derivanti cioè da una alterata reazione immunitaria contro se stessi) come quelle reumatologiche, la sclerosi multipla, le malattie della tiroide, e di alcune forme di degenerazione tumorale.
D'altra parte è di riscontro frequente e assai comune a ognuno di noi, la forza o la fragilità "immunitaria"nell'affrontare la nostra quotidianità: a seconda del carattere di ognuno infatti, vi sarete accorti che quel sottile equilibrio di resistenza in cui vivevate fino a oggi, sebbene provato dall'ennesimo compito da svolgere sul lavoro, o impegno frenetico da fare, crolla nel momento in cui subentra una emozione quale la frustrazione per una promozione così aspettata ma non ricevuta, oppure per una crisi famigliare o affettiva o per un lutto o altro trauma emotivo. Accade così che possono iniziare segni di indebolimento del sistema immunitario come facilità a far virosi (come raffreddori, pseudo influenze) di continuo. Altre volte, di fronte alla "soppressione" di sintomi potenzialmente interpretabili come segnali di allarme, si innescherebbe una sorta di squilibrio immunitario, per disassamento dei principali ormoni preposti al controllo del fisiologico processo di invecchiamento, con induzione di degenerazione cellulare precoce e finanche di malattia (vedi altri post su anti aging e stress).
Nessun commento:
Posta un commento